Pesci Fuor d’Acqua
Personaggi che dalla vita in sù emergono dall’acqua, ognuno con la sua caratterizzazione: l’intellettuale con gli occhiali, la donna vivace coi pappagalli in testa e una gabbia in mano, la dama che fuoriesce dall’acqua nel tondo della gonna elegante, gli altri che emergono, per così dire, ognuno con i ferri del suo mestiere.
Sopra e sotto l’acqua. Basterebbe questo per imbastire un discorso seguendo il tema degli Opposti, l’acqua madre e matrice della Coscienza, da cui l’Io emerge nei caratteri della Persona, maschera in cui ci identifichiamo e che mostriamo al mondo.
Quindi Inconscio, Io, Persona.
A conferma di questo percorso, Federico Zeri, per il quale nelle arti figurative il corpo umano è polarizzato. Nobile dall’ombelico in su, la parte inferiore rimanda al mondo infero del caos istintuale.
Ma qui, nell’acqua trasparente e cristallina, c’è solo indefinitezza, di alcuni traspare la nudità del piede e, come notava Lucrezio per i remi, la parte emersa è ferma, ma il frazionamento dell’immagine della parte in acqua dà idea di movimento. Qualcosa sotto si muove ma non è minaccioso.
Nel suo autoritratto, Carlo emerge dalla radice del naso in su e fissa l’osservatore, come tutti i personaggi evocando il tema di Ludus, Gioco.
In Homo Ludens, Huizinga dice che l’estasi creativa dell’artista, per essere espressa, deve confrontarsi con la fermezza della mano.
Ecco, Carlo ha guardato un’idea e l’ha realizzata predisponendo scena e posa dei personaggi avvalendosi della sua esperienza di fotografo.
Come uno scultore plasma una statua o un pittore fissa su un supporto una sua visione, Carlo ha plasmato dei ritratti di gente in acqua. Già fatto da Erlich, i cui personaggi sono tuttavia rappresentati nell’essere del quotidiano totalmente immersi in acqua. Pesci fuor d’acqua è diverso, è altro.
A definire l’effetto che fa vedere una ceramista fare il suo mestiere sul pelo dell’acqua o la donna stirare, si può dire che l’effetto sia buffo, che porta al sorriso.
Carlo ha realizzato una rottura di schema usuale, e, come diceva Bergson, l’incongruità di una situazione, quando non sia minacciosa, provoca Riso e sorriso. Questo, l’aveva già notato Platone nelle Leggi, l’imprevisto che manchi di caratteri paurosi, stupisce e rallegra.
Ironia nella metacomunicazione dicono i cognitivisti, gran risorsa guardarsi sorridendo con autoironia.
Dalla contrapposizione dell’imprevedibile Dioniso al metodico, serioso e coerente Apollo, la Commedia nacque per affrontare i temi della Tragedia con uno spirito diverso. Anche lì ci fu una rottura di schema: in Aristofane, Socrate dialoga con un padre problematico, ma lo fa dall’alto di un cesto appeso in aria, ed è questo a determinare il sorriso.
Mettere delle persone nella condizione di essere sé stesse fuor d’acqua e contemporaneamente ad essere altro da sé, è creare un Antandron, un controuomo, diceva Leopardi, un sé ed insieme un proprio sostituto, un altro di sé.
Questo riporta a Luciano di Samosata, che ruppe gli schemi letterari dell’epoca scrivendo un romanzo totalmente inventato, Storia Vera, e creando dei dialoghi paradossali. Si schermiva dalla valorizzazione seriosa del suo stile, dicendosi un bambolaio che modella la creta, un Ircocervo che fa Ircocervi.
Cos’è un Ircocervo? Una buffa chimera che ha corpo maestoso di cervo e testa minuta da capra o viceversa, una capretta con la testa maestosa di cervo con tanto di palco di corna.
La sproporzione e l’incongruità fanno ridere.
Ecco, Carlo è un po’ un Ircocervo che rende ircocervi i suoi personaggi e porta al sorriso dei giochi, dei paidià dello spirito bambino che ci è necessario. L’inversione scherzosa dei ruoli c’era nell’antico Carnevale, prima che la seriosità prendesse il sopravvento. Vi fu un tempo i cui la religione non era noiosa, dice Zander Hans Conrad, e ancora al tempo di San Luigi, l’homo facetus era ammesso. Lui, re di Francia, si era lasciato libero il venerdì come giorno della risata. Poi, arrivarono i teologi seriosi e nel prevalere del “risus abundat in ore stultorum”, lo spirito dell’ironia sagace divenne difetto.
Nel suo esperto Giocare, quella di Pesci fuor d’acqua è una cosa seriamente giocosa che riporta alla valorizzazione del Ridicolo di Leopardiana memoria, necessaria sopratutto nei tempi difficili in cui si muove l’umana commedia.
Alberto Massarelli
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